L’importanza del Ticino durante la seconda guerra mondiale
La mostra itinerante LA SECONDA GUERRA MONDIALE IN TICINO – SVILUPPO DEL CONTRABBANDO COME RISPOSTA AL RAZIONAMENTO, è stata creata e inaugurata a giugno 2016 nella fortezza storica del Sasso San Gottardo.
Durante la seconda guerra mondiale, mentre i soldati controllavano e proteggevano le vie di transito e i confini, la popolazione ticinese si dovette adeguare ad una quotidianità completamente trasformata, influenzata principalmente dall’aumento della mole di lavoro, dalla censura, dall’oscuramento dell’illuminazione pubblica e soprattutto dalle nuove restrizioni alimentari. Il razionamento spinse la popolazione a ricorrere al mercato nero e quindi all’acquisto di merci contrabbandate dall’Italia. Il contrabbando si trasformò in breve tempo in un canale di approvvigionamento indispensabile per molte famiglie.
L’esposizione tramite documenti e testimonianze storiche mostra il cambiamento delle abitudini alimentari della popolazione, il rapporto e le astuzie comunicative utilizzate tra le famiglie ticinesi e i contrabbandieri italiani e il difficile ruolo delle guardie di confine.
L’esposizione itinerante, curata da Cristina Kaufmann approda in un nuovo contesto. Il nuovo spazio online, offre al pubblico la possibilità di scoprire la realtà ticinese in un periodo singolare della storia.
- LA SECONDA GUERRA MONDIALE IN TICINO
- MOBILITAZIONE 1939
- LA VITA DURANTE LA GUERRA
- LA SITUAZIONE SOCIALE, ECONOMICA E IL PIANO WAHLEN
- RAZIONAMENTO E CONTRABBANDO
- CONTRABBANDO AL CONFINE TICINESE
- EQUIPAGGIAMENTO DEL CONTRABBANDIERE
- CONTRABBANDO DI MASSA
- CONTRABBANDIERI E ASTUZIE
- GUARDIE DI CONFINE E CONTRABBANDO
- GUARDIE E STORIE
- GUARDIE E CANI
SVILUPPO DEL CONTRABBANDO COME RISPOSTA AL RAZIONAMENTO
La prima guerra mondiale si concluse e venne stipulato il Trattato di pace di Versailles, sia vincitori che sconfitti dovettero adeguarsi alle nuove direttive e accettare i compromessi imposti dal trattato. Si sviluppò un malcontento generale in tutta Europa, soprattutto in Germania e Austria alle quali venne addossata la responsabilità della prima guerra mondiale. Questo significava dover pagare una cifra esorbitante d’indennità di guerra.
In questo clima d’insoddisfazione, si avviò l’ascesa del partito nazionalsocialista di Adolf Hitler che il 30 gennaio 1933 diventò cancelliere del Reich. La politica di guerra di Hitler divenne pian piano chiara. A marzo del 1938 la Germania annetté l’Austria, in marzo occupò l’intera Cecoslovacchia e il 1 settembre 1939 varcò il confine della Polonia. A questo punto Francia e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania.
Anche la Svizzera dovette prendere dei provvedimenti: il Consiglio federale il 29 agosto 1939 mobilitò a titolo preventivo le truppe di frontiera, il 30 agosto 1939 venne eletto il generale Henri Guisan che sviluppò la strategia del ridotto nazionale, mentre la popolazione rimanente si dovette adeguare alla nuove esigenze dell’economia di guerra. Nel giugno 1940, con l’annuncio della sorprendente caduta della Francia e l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania, la Svizzera si ritrovò completamente circondata dalle potenze dell’Asse. Il 2 settembre 1939, dopo aver giurato fedeltà alla patria, circa 450’000 svizzeri furono chiamati alle armi per la mobilitazione generale.
All’alba di stamane sono apparsi gli avvisi di mobilitazione per le truppe di frontiera. E nelle prime luci del giorno qualcuno è salito sul campanile a battere il battacchio contro la campana che richiama. È un suono lugubre, monotono, che risuona dentro e suscita strani pensieri (…). È l’allarme. Credo che la bellezza di questo primo giorno di mobilitazione sia la grande calma che è sul volto dei soldati che camminano sicuri della loro forza e della loro volontà. La sicurezza dei militi si trasmette visibilmente ai vecchi, alle donne, che applaudono lungo la via, nella fresca mattinata di agosto.
Gallino, Franco, 50 e 1 giorno di frontiera con il battaglione di copertura. Associazione di ex militari e di militari incorporati dell’Esercito Svizzero
Non so a quanti miei camerati quel gesto di alzare le tre dita verso il cielo, quasi a simboleggiare un aggancio alla Provvidenza, non abbia provocato emozione o fatto scorrere un brivido nella schiena. Ma tutti eravamo coscienti che ormai più nulla ci differenziava da coloro che alle frontiere o su posizioni arretrate controllavano e rafforzavano il terreno (…). Quello sconvolgere la terra con le nostre mani ci legava e giorno per giorno aumentava sia la cameratesca sia la certezza che quelle posizioni sarebbero state difese incondizionatamente.
Associazione Rivista Militare Svizzera di lingua italiana
LA POPOLAZIONE SVIZZERA, ANCHE SE NON COINVOLTA DIRETTAMENTE DALLA GUERRA, DOVETTE PRENDERE DELLE PRECAUZIONI
La maggior parte della popolazione maschile si arruolò, gli altri dovettero continuare a vivere in una quotidianità completamente trasformata. Le abitudini della popolazione vennero influenzate soprattutto dall’aumento della mole di lavoro, dalla censura che fece ridurre sia le conversazioni pubbliche che private riguardanti la difesa del paese e anche dall’oscuramento dell’illuminazione pubblica, introdotto come difesa dagli attacchi aerei.
Testimonianza a Carena
Il comandante di brigata dopo aver fatto leggere al battaglione gli articoli di guerra del regolamento di servizio, deferisce il giuramento. La scena è commovente e suggestiva al tempo stesso. Il capo scoperto, le braccia tese verso il cielo la truppa giura fedeltà alla Patria. Le alte montagne attorno paiono piegarsi su di noi, quasi a proteggere il nostro piccolo battaglione di frontiera, che fra poco scomparirà dentro le valli lontane dove è silenzio e miseria, dove è la pace delle alture e la fede nel sacri cio.
Franco Gallino
ALL‘INIZIO DELLA GUERRA, IL TASSO DI AUTOSUFFICIENZA ALIMENTARE SVIZZERO ERA DEL 52 % CIRCA
Il Consiglio federale fece così costituire scorte per tutti quei settori in cui la Svizzera era totalmente dipendente dalle importazioni. Questa misura preventiva coinvolse anche l’economia domestica. La diminuzione di importazioni indusse la popolazione a sostenere pienamente le idee del professore Friedrich Traugott Wahlen e la battaglia per l‘estensione della campicoltura. Per incrementare le superfici coltivabili fu necessario una radicale ristrutturazione del settore agricolo: vennero bonificati terreni, la campicoltura più efficiente, venne preferita alla praticoltura e all’allevamento e, vennero istituiti dei congedi dal servizio attivo per i contadini, per poterne sfruttare la manodopera.
Discorso del professor Wahlen
Dall‘autunno scorso il nostro paese si trova in una situazione molto di cile. Constatiamo oggi, con riconoscenza che la guerra ci ha risparmiato. Dobbiamo per contro renderci conto che l‘evoluzione della nostra situazione economica è andata oltre le più pessimistiche previsioni.
Ciò signi ca che bisogna abituarsi alla prospettiva di una completa indipendenza nel settore alimentare. Così l‘idea di autarchia come paese esportatore che abbiamo sempre respinto, è diventata una necessità imperativa.
Il piano Wahlen fece aumentare il tasso di autosufficienza alimentare svizzero no al 59 % (aumento del 7 %). La popolazione non riuscendo ad ottenere una completa indipendenza alimentare, dovette adeguarsi alla nuova economia di guerra e quindi al razionamento alimentare: sistema adottato per adeguare il consumo di merci alla quantità disponibile, con l’intento di garantire l‘approvvigionamento dell’intero paese. Questo piano si basava su un‘accurata pianficazione, che si attivò già nel 1938, con la predisposizione delle prime riserve di produzione agricola, di diversi accordi commerciali con altri paesi e la creazione di uffici pronti a entrare in servizio. Nel 1939 ogni municipio nominò un ufficio comunale dell‘economia di guerra e vennero regolate le distribuzioni delle tessere di razionamento, esortando la popolazione a costruire anche delle scorte alimentari non deteriorabili. Le tessere distribuite, venivano utilizzate dalla popolazione come alternativa al denaro, per acquistare in negozio i prodotti meno presenti sul territorio.
Testimonianza dell‘inizio del razionamento
Quando è venuto l‘ordine del razionamento, la sera stessa è stata bloccata la vendita di tutte le derrate e per un paio di giorni siamo stati impegnati a fare l’inventario della merce che avevamo in magazzino da consegnare all’Ufficio comunale dell‘economia di guerra, che poi ha provveduto a distribuire le tessere di razionamento (…). I tagliandi erano distribuiti in proporzione a quello che c’era sul mercato.
Comunicato del 15 ottobre 1942
Siamo alla soglia del quarto inverno di guerra. Ogni giorno sentiamo notizie sugli orrori delle più terribili di tutte le guerre della storia mondiale. In tutti i continenti, su tutti i mari regnano la fame e la miseria, la devastazione e la morte. Il nostro piccolo paese finora è rimasto indenne (…). Anche da noi, certo, sta aumentando il bisogno. Per una parte crescente del nostro popolo la preoccupazione del nutrimento quotidiano diventa più opprimente. Ma i sacrifici che facciamo non hanno paragone con ciò che devono sopportare altri popoli. Per la libertà del nostro popolo, per la pace del nostro paese siamo pronti ad accollarci oneri ancora maggiori. Oggi il Dipartimento federale dell’economia pubblica ha disposto il razionamento del pane. L’ha fatto perché previdente e preoccupato per la nutrizione del nostro popolo.
Ticino e mercato nero
La scarsità alimentare stimolò la ricerca di altre risorse, soprattutto in Ticino dove l‘economia di guerra aveva creato gli stessi problemi che nel resto del paese, aggravati certamente dalla povertà e dalla strutture relativamente arcaiche rispetto alle regioni più ricche della Confederazione. Tutto quello che poteva alleviare le strette del razionamento era ricercato, il mercato nero prosperava (…).
Bruno Soldini
VITA QUOTIDIANA DI CONTRABBANDIERI, GUARDIE DI CONFINE E POPOLAZIONE TICINESE
Tra il 1943 e il 1944 il contrabbando sul confine ticinese conobbe una forte crescita. Lo sforzo del piano Wahlen fu notevole, ma non sufficiente a garantire una quantità e varietà alimentare alla popolazione locale. Le continue restrizioni alimentari dovute al razionamento, spinsero la popolazione a ricorrere sempre più al mercato nero e quindi all’acquisto di merci contrabbandate dall’Italia. Le principali merci importate verso la Svizzera furono il riso, farina di mais, farina di frumento, pasta e burro. Al contrario, verso l’Italia venivano esportati principalmente il tabacco, le sigarette e il sale.
Il contrabbando si trasformò in un canale di approvvigionamento supplementare e quotidiano del quale non si poteva più fare a meno. Il contrabbandiere divenne così un mestiere sempre più apprezzato dalla popolazione, soprattutto quando questi uomini con le loro bricolle riuscivano a trasportare i loro 20-30 kg di merce a destinazione.
I contrabbandieri o „spalloni” non avevano però vita facile, con la loro pesante bricolla (zaino speciale costruito appositamente per il viaggio) dovevano viaggiare per giorni e notti tra dirupi, burroni, freddo e con la costante paura di venire catturati. Per arrivare a varcare il confine, gli spalloni dovevano essere grandi conoscitori del territorio, e, al contempo, delle abitudini e turni delle guardie di confine svizzere.
Testimonianza di un contrabbandiere
Partivamo a mezzogiorno da S. Bartolomeo e arrivavamo la mattina all‘alba nei monti sopra Bellinzona. Camminavamo in fretta perché dovevamo arrivare ancora con il buio, non di giorno, perché di giorno era più pericoloso, potevano vederci le guardie. Arrivavamo giù nel bosco e la gente correva quando lo sapeva e ci chiamava: „vieni a casa mia, vieni a casa mia“ e noi portavamo il riso, il burro (…). Noi ci guadagnavamo da vivere, perché qui c‘era la miseria, si moriva di fame (…). Partivamo a volte 300-400 persone (…). Tutti insieme. Poi ci si divideva in squadre. Magari oggi partiva un gruppo grosso, domani 20-30 per volta.
Battaglia Ermanno, detto Camilin, S. Bartolomeo, Val Cavargna
Testimonianza di un boscaiolo ticinese
Sapevo di preciso quanti contrabbandieri lavoravano sui monti. Io dicevo per esempio: se volete venire mercoledì mattina, alle 8.00, nel tal posto arrivano 20/25 contrabbandieri (…). Arrivavano giovanotti, uomini anziani e anche ragazze. I contrabbandieri aprivano le bricolle, e tiravano fuori tutta la merce (…). Così contrattavano e quei poveri contrabbandieri riuscivano a vendere la merce e il riso. Appena venduto tutto, appena possibile tagliavano la corda, avevano sempre paura perché quando venivano presi erano mandati a Bellinzona (…). La merce veniva nascosta sui monti e poi, un po’ con le gerle, un po’ in mezzo al fieno, si portava a casa. Questo era il sistema di contrabbando qui.
Felice Bruni, boscaiolo, Mesocco
I CONTRABBANDIERI ERANO OBBLIGATI A LAVORARE NELLE ORE NOTTURNE E DOVENDO PERCORRERE TRAGITTI SECONDARI E SPESSO PERICOLOSI, ERA FONDAMENTALE PROCURARSI UN EQUIPAGGIAMENTO ADATTO ALLE ESIGENZE DEL VIAGGIO
Testimonianza: Bricolla e palene
La Bricolla, aveva un peso variabile tra 25-30 chilogrammi, era costituita da scatoloni di cartone (…), ricoperti di tela di juta cucita insieme sul posto in cui si allestiva la bricolla. Con lo stesso metodo si attaccavano le “palene” cioè i tiranti su misura per portare il carico a spalle. Quando realizzavamo la bricolla, molti contrabbandieri facevano anche due tasche, si metteva dentro un pezzo di pane (…) e mentre si camminava sulla montagna si metteva la mano e si mangiava.
Il Fulcin o falcetto
Era un coltello ricurvo come una falce, multiuso, se lo tenevano a portata di mano perché serviva più che altro a tagliar le bretelle delle bricolle e liberarsi del carico quando sentivano “l‘Alt”!
IL CONTRABBANDO DI MASSA
Il “mestiere” del contrabbandiere si diffuse a tal punto che nel 1943 divenne un fenomeno di massa. Lunghe le di contrabbandieri s’incamminavano dall’Italia per poi una volta arrivati in Svizzera sciogliersi in gruppi per evitare le guardie di con ne. Le colonne erano composte da uomini e donne di diverse età. Gli anziani portavano quello che l’età gli consentiva, mentre i contrabbandieri di “mezza età” nel pieno della loro forza, allenati e con esperienza portavano sul dorso fino a 30 kg di merce. Le donne riuscivano a trasportare circa la metà o meno del peso degli uomini. Anche i giovanotti ancora impauriti dai primi viaggi, trasportavano meno merce, dai 3 ai 5 kg e spesso dovevano fare da civetta e ispezionare il tragitto.
ARRIVATI IN TICINO
Una volta arrivati in Svizzera, i contrabbandieri prendevano contatto con contadini, alpigiani o boscaioli ticinesi per poter vendere la merce, oppure nei paesi meno controllati, si recavano direttamente nelle case degli acquirenti. Spesso il riso veniva pagato dai 2 ai 5 CHF al kg oppure barattato con merce che scarseggiava in Italia, come sigarette, saccarina e sale. Poi i contrabbandieri passavano la giornata nascosti in fienili o cantine aspettando il momento propizio per ripartire, quindi l’oscurità, e portare a casa un guadagno di circa 40-50 CHF. Bruno Soldini, azzarda una cifra di circa 100‘000 kg al mese, quindi un passaggio di circa 130 uomini carichi di riso al giorno lungo tutta la frontiera sud.
CAMPI DI PUNIZIONE
Ovviamente non tutti i viaggi andavano a buon fine, ad alcuni contrabbandieri capitava di essere intercettati e poi fermati dalle guardie di confine, tramite l’intimazione: “Alt, Guardia Svizzera mani in alto!” Il solo fatto di fuggire era qualificato come atto di resistenza attiva. Le persone bloccate, venivano poi arrestate e portate no al Posto delle guardie, dove venivano perquisite e interrogate.
Testimonianza di una famiglia ticinese
Fin da bambina ricordo di averli sempre visti arrivare. Erano in tanti e venivano quasi tutti i giorni. Ossolani: facevano la Fria e scendevano dalla Cravariola, in squadre anche di venti persone (…). In genere erano giovanotti che parevano sempre allegri. Forti e senza nessuna paura della montagna. Venivano in tutte le stagioni e con qualsiasi condizione della montagna. Facevano dei carichi pesantissimi, ma ormai erano talmente allenati (…). A noi comunque serviva eccome quello che ci portavano.
Ferrari, Erminio: Contrabbandieri. Uomini e bricolle tra Ossola, Ticino e Vallese. Verbania, Tararà Edizioni, 1996
Cattura di contrabbandieri
Mi hanno preso a Carena e portato in caserma. Avevamo con noi burro e riso. Ci chiesero se eravamo entrati altre volte. Risposi che no, che era la prima volta. Allora ci hanno sequestrato quello che avevamo e ci hanno accompagnato no al con ne. Rientrato in Italia sono andato a prendere un’altra bricolla e la sera stessa sono entrato un’altra volta.
Tutt’a un tratto sento: pam ! accidenti, uno spavento, era il capoposto di Cabbio. Avevo il mio sacco. Mi dice: „Hai visto che ti ho preso?“ (…) Il mattino dopo, con tutta la compagnia di quelli presi durante la notte ci hanno mandato a Muggio (…). Il capoposto ci ha fatto tutte le domande, ci ha verbalizzato come si deve, e poi ci ha spediti a Chiasso, a piedi, accompagnati dai soldati (…) lì ci hanno fatto la doccia e purificati per bene (…). La mattina ci hanno spediti a Bellinzona in treno. Arrivati a Bellinzona, alla casa d’Italia, ci hanno fatto il primo rancio, a mezzogiorno.
Soldini, Bruno: Uomini da soma. Contrabbando di fatica alla frontiera tra Italia e Svizzera 1943-1948 Gli anni del riso. Gdp: 1985
PER METTERSI IN CONTATTO E TRASMETTERE INFORMAZIONI IMPORTANTI
La popolazione locale e i contrabbandieri utilizzavano segnali acustici o visivi. Per esempio segnali come fischi, verso del gufo e altri animali erano perfetti per informare sulla propria posizione o la presenza di guardie. Le famiglie ticinesi ricorrevano ad altri stratagemmi, c’era chi lasciava appeso il bucato per segnalare il via libera, chi chiudeva le imposte per informare i contrabbandieri di fare attenzione, oppure chi lasciava la luce accesa in cucina se non c’era pericolo. Verso la fine delle guerra, per oltrepassare il confine e poter trasportare più merce, dei contrabbandieri si aprirono una nuova via attraverso il lago. Il ritrovamento nel lago Ceresio del sottomarino tascabile, fu una notizia che fece scalpore. Costruito artigianalmente, il sottomarino lungo 3 metri e funzionante tramite pedali, poteva portare fino a 450 kg di merce.
Il IV circondario del corpo delle guardie svizzere di confine, che comprendeva Ticino e Mesolcina era uno dei più esposti per quanto riguarda le violazioni di frontiera. Nel 1943 il controllo del confine era responsabilità di soli 415 uomini, che erano stati sparsi nei luoghi più remoti del Ticino per poter controllare i 250 km di con ne. Con lo sviluppo del contrabbando di massa, questa zona dovette essere maggiormente controllata, per poter evitare il trapasso di merci. Le guardie avevano a disposizione delle caserme lungo la frontiera in cui potevano stabilirsi con altre guardie celibi o con famiglia. Le ore di servizio erano molte. In alcuni casi i turni potevano durare fino a 15 ore, soprattutto durante i giri di grande distanza che spesso erano da e effettuare durante la notte. Parlare con estranei non era visto di buon occhio e per di più il loro stipendio seppur esso, era piuttosto modesto.
La vita di guardie di con ne, come quella dei contrabbandieri non era per nulla facile. I pericoli del mestiere erano molti, intercettare i contrabbandieri diventava sempre più difficile e poteva diventare anche pericoloso. Le direttive di servizio dovevano essere svolte in modo preciso. Per prima cosa, la guardia doveva intimare energeticamente il contrabbandiere con: „Alt! Guardia svizzera, mani in alto“. In caso di resistenza o fuga, era tenuto a sparare, inizialmente con colpi intimidatori e in seguito su bersaglio umano. Una volta arrestati, i contrabbandieri venivano accompagnati sotto tiro e a mani alzate fino al Posto delle guardie dove venivano interrogati. Se gli arrestati erano fermati per la prima volta, venivano rilasciati, mentre gli altri portati nei diversi campi di punizione.
Testimonianza di una guardia
Ero appostato ai margini di una vigna, appoggiato contro un albero di castagno. C’era la luna e faceva luccicare la brina, un freddo cane (…). Verso le tre del mattino stavo per rientrare, quando, dove sbuca il sentiero, vedo comparire sotto il chiaro di luna una figura, poi un‘altra, e un‘altra…erano uomini carichi, con le bricolle. Ne contai dieci, quindici, diciotto, non finivano più…i primi erano già spariti nel pendio sottostante. Allora mi decisi, ma pensai ad uno stratagemma perché così, solo, mi sembrava azzardato affrontarli tutti. Gridai ALT! e poi cominciai ad urlare i nomi di alcuni dei miei colleghi: Fontana fermali da sopra! Jori bloccali davanti! e così via, per creare confusione. Sparai anche un colpo in aria. Mollarono le bricolle e scapparono tutti, non riuscii a fermarne nemmeno uno. Quando si trattò di andare a raccogliere la merce la faccenda si complicò, qualcuno avrebbe potuto essersi nascosto e prendermi alla schiena (…). Allora rimasi acquattato, spalle coperte, fin che venne giorno. Ero lì immobile, con le orecchie che sembravano sbriciolarsi dal freddo.
Soldini, Bruno: Uomini da soma. Contrabbando di fatica alla frontiera tra Italia e Svizzera 1943-1948 Gli anni del riso. Gdo: 1985
Canzone in tempo di guerra
Noi siam contrabbandieri
di riso e di sale
se il colpo ci va male
a Bellinzona ci tocca andar
A Bellinzona ci tocca andare
sotto questa disciplina dalla sera alla mattina
sul tavolaccio per riposar
ARRESTI E FERITI
I contrabbandieri fermati dalla guardie svizzere aumentarono con il passare degli anni. Tra il 1944 e il 1945, in Ticino e Mesolcina vennero redatti 10‘000 verbali per arresto di contrabbandieri. La maggior parte degli arrestati (80%) aveva un’età compresa tra i 18 e i 40 anni e una persona su quattro era una donna. Le statistiche non rivelano invece alcun dato per ciò che concerne i minorenni fermati. I giovani non furono mai arrestati né sottoposti a processo verbale, perché venivano riaccompagnati alla frontiera. Per questo motivo venivano spesso sfruttati dai contrabbandieri per attirare l‘attenzione degli agenti e continuare indisturbati il loro tragitto. Sparatorie e feriti aumentarono come pure i morti. Questi incidenti avvenivano spesso in tarda serata o in piena notte, dove da entrambe le parti, la paura era grande.
Testimonianze
Il mio povero fratello Albino aveva allora 18 anni. Mi disse „Vado io“. E io lo avvisai: „Stai attento che nel tal punto c’ è una stanga. Bisogna passarci sopra e cerca di non farla cantare perché vicino c’è la garitta delle guardie di confine. Se senti l‘Alt! fermati, non scappare, altrimenti ti sparano. Allora è partito. Si vede che ha fatto cantare la stanga. L’ hanno preso (…). Attraverso i contrabbandieri che presero informazioni abbiamo saputo che gli avevano tagliato la gamba e poi era guarito. Rimase 5 o 6 mesi da una zia a Ascona. Poi lo rimandarono a casa.
Siamo partiti in pattuglia verso le 5 o le 6 del pomeriggio e siamo arrivati sul punto dove dovevamo fare il servizio, al passo del Balniscio (…). A un certo momento ho la sorpresa di veder arrivare i contrabbandieri tutti in colonna, erano 6 o 7; li ho lasciati passare naturalmente, e poi ho dato l‘Alt! Guardia svizzera mani in alto! I due più vicini si diedero alla fuga precipitando da un’altezza di 12-15 metri nella neve. Poi anche quelli davanti scapparono e allora io sparai un colpo a bianco e con un proiettile, di rimbalzo probabilmente, ne colpii uno. A un certo punto sentii un uomo che diceva: „Oh mio figlio, mio figlio!“. Io misi l’arma a tracolla e andai giù. E effettivamente c’era un ferito (…). Mi resi conto però che il contrabbandiere era morto (…). La cosa più triste, quella che mi ha addolorato di più; è stato il fatto che dietro al morto c’era il padre, che camminava con il figlio.
REPRESSIONE DEL CONTRABBANDO
Inseguimento coi cani:
Verso la mezzanotte una guardia di confine incontrò improvvisamente due sconosciuti. All’ordinazione: “Alt, guardia svizzera” uno dei due sconosciuti scomparve nel bosco. Anche l’altro nonostante la minaccia della pistola puntata poté, favorito dall’oscurità e dalla vegetazione, scostarsi dal sentiero e penetrare nella fitta boscaglia. La guardia non avrebbe potuto, da sola, rintracciare i fuggitivi; corse quindi al Posto e riferì sull’accaduto. Il Capoposto allarmò i suoi uomini e ordinò l’impiego dei cani di servizio. Poco tempo dopo, uno dei fuggiaschi poté essere acciuffato (…). Seguendo le tracce del secondo individuo, si giunse al confine, le indagini vennero abbandonate nella supposizione che si fosse posto in salvo. Egli venne invece arrestato la mattina seguente perché, avendo smarrito la strada, era tornato su territorio svizzero.
Contrabbando all’esportazione
31.3.41 la guardia X del posto di Palagnedra fermò nei dintorni dei Monti di Termine due contrabbandieri italiani. I due contrabbandieri erano entrati in Svizzera la sera del 29.3. dalla Bocchetta di Bordei, ricoperta attualmente da 2.5 a 3 m di neve, senza sci né racchette e con calzature e vestiti deficienti. Hanno passato la notte intera a ca. 1200 m d’altitudine, sotto una pianta, esposti al freddo, pioggia e neve(…). Diamo conoscenza al personale di questo fermo, operato con l’aiuto del cane, per convincerlo che né la neve né il maltempo possono intralciare in modo assoluto l’attività dei contrabbandieri. I nostri agenti si convincono in generale troppo facilmente che il passaggio dei valichi alpini, nei mesi invernali, sia impossibile.
INFO
Tema: Evento storico
Periodo: 1900-1950
Comune: Passo San Gottardo
Introduzione
Direttore del museo: Damian Zingg
Curatrice del museo Sasso San Gottardo: Cristina Kaufmann
Date di apertura:
31 Maggio – 14 Ottobre 2018
Per info su orari e visite guidate visitare il sito web
https://www.sasso-sangottardo.
La mostra è ancora fisicamente accessibile nella nostra fortezza fino ad ottobre 2018. Successivamente si sposterà in diversi luoghi del Ticino